FRATEL

GIOSUE’ 
DEI CAS

MISSIONARIO COMBONIANO
1880 – 1932

 

Quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti.

1Cor 1, 27

Giosuè Dei Cas nasce a Piatta in Valdisotto (So) nel 1880. Giovane forte e robusto, grande lavoratore, aiuta il padre come contadino durante l’estate e come spalatore di neve sullo Stelvio d’inverno. Al lavoro unisce un forte impegno cristiano e cresce nella vita di fede all’interno della famiglia e della parrocchia. Il desiderio di farsi missionario si rafforza quando, a venticinque anni, ascolta ad Oga la testimonianza di padre Paolo Tranquillo Silvestri, missionario livignasco comboniano e futuro vescovo di Khartoum dal 1924 al 1930. Quella sera Giosuè, avendo ascoltato che non era necessario essere sacerdote per farsi missionario, si decide a partire per l’Africa. Nel 1906 è così a Verona con il desiderio di entrare in noviziato ma qui ricevette subito un’umiliazione che accettò con obbedienza e fede. I superiori infatti, pur apprezzando le sue virtù di bontà e di pietà, decidono di non ammetterlo al noviziato a causa della sua semplicità, del suo fare goffo e dei suoi difetti fisici.

Sono lebbroso tra i lebbrosi, ma il più felice della terra. La mia malattia non è più una croce, ma una fortuna. Penso di essere missionario più di prima.

Accolsero comunque il suo proposito e come “aggregato all’Istituto” fu inviato in Sudan nel 1907 dove, tra la popolazione locale e i missionari già presenti, diede dimostrazione di eccezionale generosità, mitezza, spirito di preghiera e impegno pratico. I compagni di missione riconobbero pienamente in Giosuè il carisma comboniano e così, dopo quasi quindici anni di missione, rientrò in Italia per emettere la professione religiosa nel 1921. Subito rientrato in Africa tra la sua gente, fratel Giosuè scoprì di aver contratto la lebbra. Non senza una fatica iniziale, abbraccerà la malattia come una benedizione e come una più intensa condivisione della sorte dei poveri. Tra i lebbrosi si concluse la sua vita in un lebbrosario governativo che lui chiamava “la mia nuova famiglia da amare, il mio piccolo paradiso terrestre”. Qui, accettando il distacco dagli altri missionari, condivise la vita dei malati di lebbra diventando loro servitore. Offrendosi per i poveri e per i suoi confratelli, morì a 52 anni il 4 Dicembre 1932.

Proprio me, Signore, un meschino, hai scelto per la vigna che il Padre aveva piantato.