LO SCOUTISMO RIBELLE DELLE
AQUILE
RANDAGIE
1928 – 1945
Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.
At 5, 29
Nel 1926 il fascismo assunse il controllo dell’educazione dei giovani e mise fuori legge anche lo scoutismo. Il 22 aprile 1928 nel duomo di Milano gli scout consegnarono le insegne all’arcivescovo Idelfonso Schuster e non al regime fascista. Nacquero così le Aquile Randagie che in Val Codera si ritrovarono clandestinamente per pregare pensare e progettare un futuro di libertà. Nel 1943, dopo l’armistizio, le Aquile Randagie furono protagoniste di una Resistenza disarmata che fu “forza morale, senz’armi, con la sola arma della fede” perché – come dicevano – “noi non spariamo, non uccidiamo, noi serviamo”. Nacque anche OSCAR nome segreto dell’Opera Scoutistica Cattolica di Aiuto ai Rifugiati che salvò oltre 2000 persone perseguitate facendole passare, attraverso la Val Codera, oltre il confine della Svizzera.
Sentirsi fratelli, in quest’ora di odio e di lotta. Noi ci sentiamo fratelli perché crediamo all’Amore, perché crediamo a Gesù, dono di sé fino alla consumazione.
Testimonianze
«Abbiamo vissuto lo scoutismo quando era appena terminata la stagione delle Aquile Randagie e si dava l’avvio alla ripresa dello scoutismo dopo la Liberazione. Lo spirito che aveva animato questa esperienza clandestina si trasmetteva a noi attraverso capi scout come Lelio Oldrini, Virgilio Binelli, Giuseppe Mira, Pierangelo Ferraris. Grazie a loro abbiamo mosso i nostri passi sui sentieri dove erano visibili le tracce di quei giovani ribelli all’ingiustizia e all’oppressione. Ancora erano visibili le tracce di fratelli che, a proprio rischio, correvano in soccorso dei più indifesi e perseguitati. In particolare eravamo consapevoli che grazie a questi scout, ribelli per amore, che avevano fatto della Val Codera un luogo di ritrovo, di preghiera e di imprese coraggiose, lo scoutismo non era finito: noi potevamo viverlo e a nostra volta trasmetterlo ad altri. In quei momenti, alla fine di giornate belle e faticose, si rifletteva sul messaggio più alto dell’essere scout che, declinato con la Legge e la Promessa, si esprimeva e si esprime nell’estote parati le cui radici sono nel Vangelo. Dalle Aquile Randagie abbiamo anche raccolto l’appello a “servire”, che nella Resistenza vide i partigiani cattolici, scegliere la via della non violenza e non l’uso indiscriminato e a volte vendicativo delle armi. “Servire”, cioè “aiutare gli altri in ogni circostanza”, come dice la Promessa scout è per noi, come lo fu per le Aquile Randagie, l’altro nome della carità, di quell’amore che ci coinvolge ogni giorno nella sofferenza fisica e spirituale dell’altro e chiede di camminare con lui sui sentieri e sulle strade della Misericordia. Sui sentieri e sulle strade della Speranza.»
Paolo Ferraris e Giuseppe Fattorini,
Ex Capi del Gruppo scout Como 1° intitolato all’Aquila Randagia Nino Verri,
scout delle Aquile Randagie fucilato il 16 Aprile 1945 a La Thuille in Val d’Aosta.
La biografia
Minzoni ucciso ad Argenta il 23 agosto 1923 da una squadra fascista. Il rapporto tra scoutismo e fascismo è stato conflittuale fin dagli albori del partito. Nel 1926 il regime si assicurò con le “leggi fascistissime” il completo controllo dell’educazione dei giovani. Mussolini per creare l’Opera Nazionale Balilla si ispirò all’uniforme, all’organizzazione e ai rituali scout, sovvertendone completamente i valori e gli obiettivi. Lo fece in maniera subdola: il “servire” scout, inteso come “aiutare gli altri in ogni circostanza” diventò per i Balilla “obbedire” ciecamente al duce e al fascismo.
Ogni espressione dello scoutismo venne dichiarata illegale. La sera del 22 aprile 1928 gli scout deposero le loro insegne (Guidoni e Fiamme) nelle mani di rappresentanti della Chiesa di Milano rifiutandosi di consegnarle a esponenti del fascismo. In quel momento si scioglieva l’Asci (Associazione scout cattolici italiani). Qualcuno si accorse che all’incontro mancava il gruppo scout Milano 2. Ci volle poco per accorgersi che in quello stesso momento nella chiesa di San Sepolcro – di fronte alla Casa del Fascio in Milano – veniva pronunciata la prima Promessa clandestina: gli scout del Milano 2 avevano deciso di resistere “un giorno in più del fascismo”. Così nacquero le Aquile Randagie che fecero della Val Codera, in cima al lago di Como, il luogo di una originale avventura cristiana in un tempo di oscurità.
Per anni, le Aquile Randagie – tra i nomi in codice degli appartenenti c’erano Cicca, Sionne, Bufalo, Lupo grigio, Aquila rossa, Dakar, Buck, Leprotto – portarono avanti un’intensa attività clandestina, accogliendo tra le loro fila anche scout di Monza e di Como (Lelio Oldrini, Carlo Verga, Virgilio Binelli……). Le due figure chiave del gruppo furono don Andrea Ghetti, detto Baden, e Giulio Cesare Uccellini, detto Kelly. I loro giornali clandestini, Estote Parati e più tardi Il Ribelle, passarono di mano in mano, portando messaggi di speranza e disobbedienza a leggi che erano contro i diritti e la dignità dell’uomo. Le attività continuarono anche all’estero: le Aquile diventarono membri onorari di reparti francesi e svizzeri e nel 1933 e nel 1937 riuscirono anche a partecipare a due Jamboree (raduni mondiali degli scout) svoltisi rispettivamente in Ungheria e in Olanda.
Si potrebbe pensare che il ritrovarsi in Val Codera fosse una fuga dalla realtà, un isolarsi al di fuori del mondo e della storia: al contrario – e i fatti lo dimostreranno più avanti – fu un riconquistare la libertà di pensare, di pregare, di sognare, di contrastare la follia della massa, di lottare per un futuro migliore.
Qualche anno dopo l’Italia entrò in guerra e i pericoli aumentarono: non pochi scout vennero perseguitati e deportati, altri uccisi dai manipoli fascisti, lo stesso Kelly venne aggredito da una squadraccia e riportò gravi ferite. Tuttavia le attività continuarono, in Val Codera, chiamata “il paradiso perduto” oppure, con il linguaggio di Kipling, “la giungla silente”. Lo scopo era tenere viva la fiamma cioè l’anima dello scoutismo riassunta nel binomio contemplazione e azione.
Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 le Aquile Randagie si affiancarono alle fila dei partigiani ma sempre seguendo i principi scout: “noi non spariamo, non uccidiamo, noi serviamo”.
Fu don Giovanni Barbareschi, storica figura delle Aquile Randagie, a commentare la scelta della coscienza cristiana di quegli scout: «Non si nasce liberi, si nasce con la possibilità di diventare persone libere e tutto questo esige un lavoro su sé stessi. A fare di noi persone libere non saranno mai gli altri, non le strutture e neppure le ideologie […] come abbiamo scritto in una pagina del nostro giornale clandestino Il Ribelle, non vi sono liberatori ma solo uomini che si liberano, uomini che diventano liberi”».
Dalla collaborazione tra don Andrea Ghetti, Guido Uccellini, don Enrico Bigatti e don Giovanni Barbareschi nacque l’Oscar, l’Opera Scoutistica Cattolica Aiuto Rifugiati – “un vero e proprio centro di creazione di documenti falsi ed espatrio clandestino”. Il messaggio standard per far partire un espatrio fu nell’innocuo “Dì ad Oscar che per la passeggiata ci vediamo domani”, difficilmente intercettabile anche al telefono; così tramite la Val Codera vennero salvate oltre 2000 persone non senza perdite tra le fila delle Aquile Randagie, come quella dell’appena diciannovenne Peppino Candiani, crivellato dai nazisti sul fiume Tresa.
Dopo la Liberazione le Aquile continuarono la loro attività, cercando di salvare, questa volta, fascisti e nazisti dalle esecuzioni sommarie per opera dei partigiani in cerca di vendetta. Erano fermamente convinte che l’uomo non abbia il diritto di uccidere arbitrariamente nessun altro, fosse pure il peggior criminale. Nel 1946 a Roma rinacque l’Asci, ora Agesci, a cui le Aquile consegnarono la “Fiamma”, simbolo dello scoutismo, custodita in Val Codera.
Perché annoverare le Aquile Randagie tra quanti nella diocesi di Como sono stati testimoni e annunciatori della misericordia di Dio? Una prima risposta è nella Val Codera. In questo luogo immerso nella natura molti giovani, “ribelli per amore” e guidati dalla “spiritualità della strada”, si riunivano per pregare, per pensare, per progettare un futuro di libertà. Di questa scuola fece parte il beato Teresio Olivelli nativo di Bellagio. Una seconda risposta è che tra quegli scout non pochi erano comaschi, i loro nomi sono negli elenchi delle Aquile Randagie e, soprattutto, sono nell’elenco di coloro che Dio ama infinitamente perché anche nei momenti più bui e violenti sono stati fedeli alla sua Parola. Hanno vissuto e trasmesso la misericordia di Dio nell’aspra lotta per la giustizia e la pace.
Ben si adatta alle Aquile Randagie un pensiero del vescovo Alessandro Maggiolini nella presentazione del libro “Cattolici e Resistenza” (Enrico Assi, Piemme 1985): il vescovo, riferendosi alla testimonianza di tanti cristiani in un tempo di atroci disumanità scriveva: “E’ stata una forza morale. Senz’armi. Con la sola arma della fede”.
Bibliografia e fonti
- “Le Aquile Randagie” di Carlo Verga e Vittorio Cagnoni (Ed. Scout – Nuova Fiordaliso, Roma 2002)
- “Storia dello scautismo in Italia” di Mario Sica (Ed. Scout – Nuova Fiordaliso 2007)
- “I ragazzi della giungla silente. L’avventura delle Aquile Randagie” di Fabio Bigatti (Ed. Tipografia Piave 2017)
- “Baden. Vita e pensiero di mons. Andrea Ghetti” di Vittorio Cagnoni (Ed. Tipografia Piave 2014)
- “Cantando nella notte. Memorie di un’aquila randagia” di Mario Isella (Ed. Tipografia Piave 2016
- “Giulio Cesare Uccellini Kelly. Il «Bad Boy» dello Scautismo italiano” di Vittorio Cagnoni (Ed-Tipografia Piave 2017)
- “Un giorno in più – La Resistenza delle Aquile Randagie” – Rai Storia – YouTube
- “Aquile Randagie” – Film del Regista Gianni Aureli 2019